Bonus pubblicità, come funziona il credito d’imposta

Bonus pubblicità, come funziona il credito d'imposta

Il D.L. 50/2017 art. 57- bis del 24 aprile 2017 ha istituito un credito d’imposta – in de minimis – per imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali che effettuano investimenti pubblicitari entro il 2022, su giornali quotidiani e periodici, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche non partecipate dallo Stato. La percentuale del Bonus pubblicità ammonta al 50% dell’investimento effettuato, da utilizzare esclusivamente in compensazione. Per la richiesta del credito è necessario inviare la domanda tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate, attraverso l’apposita procedura.

Bonus pubblicità: il D.L. 50/2017 successive proroghe

Il Bonus pubblicità, introdotto dall’art. 57 – bis del Decreto Legge 24 aprile 2017 n. 50, è un’agevolazione fiscale introdotta dalla manovra correttiva che prevede la possibilità di fruire di un credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari sostenuti a partire dall’anno 2018 da parte di imprese, lavoratori autonomi e professionisti. La legge di bilancio 2021, n. 178 del 30 dicembre 2020, ha prorogato il suddetto credito anche per gli anni 2021 e 2022.

Con il D.L. Sostegni Bis 25 maggio 2021 n. 73, art. 67, commi da 10 a 13, intervenuto sull’art. 57-bis del D.L. 50/2017, è stato innalzato lo stanziamento complessivo dei fondi a disposizione a 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, di cui 65 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati su giornali quotidiani e periodici, anche online, e 25 milioni di euro per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

Per gli anni 2021 e 2022 la percentuale di credito è nella misura unica del 50% del valore degli investimenti pubblicitari effettuati.

A chi si rivolge il credito d'imposta pubblicità

In base a quanto previsto dall’art. 2 del Dpcm 16 maggio 2018, n. 90, il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari è riconosciuto:

  • Alle imprese, a prescindere dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale e dal regime contabile adottato;
  • Ai lavoratori autonomi compresi i soggetti che svolgono una delle professioni regolamentate;
  • Agli enti non commerciali.

Investimenti pubblicitari ammessi

Sulla base di quanto previsto dall’art. 3 del citato Dpcm, sono agevolabili gli investimenti riferiti all’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali, effettuati esclusivamente su giornali quotidiani e periodici, pubblicati sia in edizione cartacea che editi in formato digitale, e nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Gli investimenti pubblicitari ammissibili devono essere effettuati su emittenti radiofoniche e televisive locali che risultano iscritte presso il Registro degli operatori di comunicazione (art. 1 della legge 31 luglio 1997, n.249), e sui giornali e quotidiani iscritti presso il competente tribunale (L. 8 febbraio 1948 n. 47) o presso il menzionato Registro degli operatori di comunicazione e dotati in ogni caso della figura del direttore responsabile.

Investimenti pubblicitari esclusi

Sono escluse dal credito d’imposta le spese sostenute per l’acquisto di spazi nell’ambito della programmazione o dei palinsesti per pubblicizzare o promuovere televendite di beni e servizi, nonché quelle per la trasmissione o per l’acquisto di spot radio e televisivi di inserzioni o spazi relativi a servizi di pronostici, giochi o scommesse.

Non sono peraltro ammesse le spese per altre forme pubblicitarie effettuati, a titolo esemplificativo, su: cartellonistica, volantini, social network, etc.

Importi da considerare e cumulabilità

L’importo da considerare ai fini dell’agevolazione è costituito dall’ammontare delle spese di pubblicità al netto dell’Iva. In caso di Iva indetraibile, l’importo da considerare ai fini dell’agevolazione è costituito dall’ammontare complessivo della spesa pubblicitaria (imponibile + Iva).
Sono in ogni caso escluse le spese sostenute dagli operatori economici che scelgano di avvalersi di servizi di consulenza o intermediazione.

Il tax credit pubblicità è alternativo e non cumulabile, in relazione alle medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista dalla normativa statale, regionale o europea, salvo che successive disposizioni di pari fonte normativa non ne prevedano espressamente la cumulabilità delle agevolazioni stesse.

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Presentazione domande e dichiarazioni sostitutive

Per accedere al Bonus pubblicità è necessario inviare la domanda tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, attraverso l’apposita procedura disponibile all’interno della sezione “area riservata”. La domanda è necessaria al fine di “prenotare” il suddetto credito. L’importo da inserire può scaturire anche da investimenti pubblicitari a preventivo, che poi andranno rendicontati con le effettive spese sostenute attraverso la presentazione delle Dichiarazioni sostitutive relative agli investimenti effettuati.

A seguito della presentazione delle domande di prenotazione, andrà presentata la Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati, nella quale andranno inseriti gli investimenti effettivamente realizzati nell’arco dell’anno di riferimento. Quanto al momento rilevante per considerare la spesa agevolabile, si ricorda che le spese si considerano sostenute secondo l’art. 109 del Tuir e pertanto “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni stesse sono ultimate”, a nulla rilevano quindi il momento di emissione della fattura o il pagamento (che può essere effettuato con qualsiasi mezzo), ciò che rileva è l’anno in cui il servizio e/o le prestazioni sono stati effettuati.

Attestazione bonus pubblicità

L’avvenuta effettuazione delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti di cui all’art. 35 del Dlgs 241/1997, legittimati a rilasciare il visto di conformità; ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti ai sensi dell’art. 2409 bis c.c.
Se l’azienda ha al proprio interno un revisore legale, l’attestazione può avvenire dal soggetto stesso.

a cura di Piero Midiri

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