Decreto Sanzioni: cosa cambia per i crediti d’imposta

Decreto Sanzioni: cosa cambia per i crediti d’imposta

Con il decreto Sanzioni, che secondo previsioni dovrebbe entrare in vigore da settembre 2024, si è tentato, tra le altre cose, di dare una definizione univoca di credito d’imposta inesistente e non spettante, sia sotto il profilo amministrativo, sia sotto quello penale. Una distinzione che rende più agevole l’inquadramento della violazione, evitando il ripetersi di situazioni “standard”, per le quali qualsiasi credito accertato fino ad oggi è stato sempre considerato inesistente.
Scopriamo cosa cambierà ai fini dei controlli e delle relative sanzioni.

La situazione prima del decreto Sanzioni

Chi ha avuto la sfortuna di toccare con mano il sistema sanzionatorio italiano in tema di crediti d’imposta si sarà accorto che qualcosa non funzionava.
Prima di analizzare le novità che saranno introdotte dal decreto Sanzioni (in vigore – secondo quanto dichiarato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo – dal prossimo mese di settembre), è bene ricordare che se compensi un credito d’imposta sei tecnicamente assoggettabile a tre tipologie di sanzioni, per altro cumulabili tra di loro:

  1. Sanzioni amministrative: significa che oltre a restituire il credito d’imposta compensato rischi di incorrere in una sanzione che molto spesso è pari al 100% della stessa agevolazione maturata;
  2. Reati tributari: nel caso in cui il credito compensato e indebitamente accertato superi la soglia di € 50.000,00 annui (cosa che capita molto spesso), rischi un procedimento penale e la reclusione fino a sei anni;
  3. Reati 231: come se non bastasse, dal 2020, si è aggiunta anche una responsabilità sulla persona giuridica, ovvero sulla tua società, che rischia di dover pagare altre somme e soprattutto la revoca di agevolazioni e altre sanzioni interdittive.

Fatte queste premesse, in relazione alle sanzioni va osservato che l’ammontare delle stesse dipende dal grado di “violenza” posta in essere dall’autore della violazione. Più grave è quest’ultima, maggiore sarà la sanzione.

In tale ottica, nel nostro ordinamento giuridico, si distinguono due tipologie di violazioni, definite con le rispettive locuzioni di credito d’imposta non spettante e credito d’imposta inesistente.

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Tale distinzione, se da un punto di vista logico avrebbe dovuto scandire puntualmente le condotte (e quindi l’ammontare della sanzione da comminare in virtù della violazione), nella realtà dei fatti non è mai stata applicata. La stragrande maggioranza dei controlli si è chiusa con l’emissione di un avviso di accertamento in cui è stata comminata la sanzione più grave: l’inesistenza del credito d’imposta.

La conseguenza di questa prassi non è affatto banale ed ha avuto ripercussioni sull’ammontare della sanzione, sui termini di accertamento e per ciò che concerne i profili penali.

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Cosa è successo fino ad oggi

A tanti di voi sarà già capitato, ma per coloro i quali, fortunatamente, non hanno ancora dovuto affrontare un controllo, l’iter che si potrebbe verificare è più o meno questo: ipotizziamo che abbiate rendicontato un credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo o per la formazione 4.0 di importo pari ad € 100.000,00.

A seguito della notifica di un questionario, l’Agenzia delle Entrate vi ha chiesto di inoltrare tutta la documentazione a sostegno delle attività rendicontate.
Dopo qualche mese, nonostante abbiate inviato il fascicolo di supporto, l’Agenzia vi ha notificato un atto di recupero, accertando l’inesistenza del credito con queste conseguenze:

  • Sanzione pari al 100% del credito compensato. L’atto porta un debito di € 200.000,00 oltre interessi;
  • Segnalazione in Procura. Considerato che è stata superata la soglia di € 50.000,00 di compensazione nell’anno, ai sensi dell’art. 10 quater del D. Lgs 74/2000 viene avviata la segnalazione in Procura ed avviato un procedimento penale per il quale si rischia fino a 6 anni di reclusione; 
  • Rischio sanzione ai sensi del D.Lgs 231/2001. In aggiunta alle sanzioni di cui sopra.

Cosa è possibile fare in questi casi?

  • Opporsi con ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, pagando comunque le somme indicate in un’unica soluzione, considerato che vengono iscritte in ruoli straordinari (la riscossione in pendenza di giudizio prevede il pagamento totale);
  • Pagare le somme riportate nell’atto in un’unica soluzione e sempre entro 60 giorni dalla notifica;
  • Procedere con il riversamento nel caso si trattasse del credito d’imposta R&S (entro il 30 luglio 2024).

In buona sostanza, in qualsiasi caso sarà necessario mettere le mani al portafoglio, sia per difendersi sia per pagare, senza possibilità di sfruttare rateizzazioni e di ridiscutere l’avviso di recupero una volta che è stato notificato. 

Per assurdo, lo stesso trattamento di cui sopra è stato riservato a tutte le imprese, indipendentemente dal fatto che sotto controllo fosse un imprenditore collaborativo e con una storia fiscale impeccabile, oppure un imprenditore “evasore seriale” già oggetto di comportamenti illeciti in passato. 

Cosa cambia con il decreto Sanzioni

Con l’entrata in vigore del decreto Sanzioni, lo scenario muterà sensibilmente. 

Preliminarmente, con l’intervento legislativo si è tentato di dare un’unica definizione di credito d’imposta inesistente e non spettante, sia sotto il profilo amministrativo, sia sotto quello penale, al fine di rendere maggiormente agevole la distinzione e quindi l’inquadramento della violazione, evitando il ripetersi di situazioni “standard” per cui qualsiasi credito accertato fino ad ora sia stato sempre considerato inesistente. 

Riprendendo l’esempio (credito inesistente), le conseguenze dello stesso atto sarebbero le seguenti:

  • Sanzione del 70% del credito compensato. Atto portante un debito di € 170.000,00 oltre interessi (in luogo di € 200.000,00), con l’aggravante, nel caso in cui vi siano stati comportamenti fraudolenti, di una maggiorazione del 50%;
  • Segnalazione in Procura. Considerato che è stata superata la soglia di € 50.000,00 di compensazione nell’anno, ai sensi dell’art. 10 quater del D. Lgs 74/2000 viene avviata la segnalazione in Procura ed avviato un procedimento penale per il quale si rischia fino a 6 anni di reclusione;
  • Rischio sanzione ai sensi del D.Lgs 231/2001. In aggiunta alle sanzioni di cui sopra.

Cosa è possibile fare in questi casi?

  • Opporsi con ricorso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto;
  • Pagare le somme riportate nell’atto in un’unica soluzione e sempre entro 60 giorni dalla notifica;
  • Fruire dell’accertamento con adesione o all’adesione ai Pvc con riduzione delle sanzioni a 1/3 e a 1/6, fermo restando che le somme definite non potranno essere dilazionate o pagate mediante compensazione di crediti d’imposta;
  • Procedere con riversamento nel caso si trattasse del credito d’imposta R&S (entro il 30 luglio 2024).
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Resta ferma tutta l’impalcatura precedente in riferimento di crediti d’imposta non spettanti, con la sola aggiunta in campo penale di un’ulteriore causa di non punibilità “quando anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito”.

Sotto il profilo temporale l’atto dovrà essere notificato:

  • entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di utilizzo del credito, se non spettante;
  • entro il 31 dicembre dell’ottavo anno a quello di utilizzo del credito, se inesistente.

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Conclusioni

Il decreto Sanzioni introdurrà importanti novità sul tema dei controlli sui crediti d’imposta utilizzati dalle imprese, che speriamo possano porre fine una volta per tutte alla diatriba sulla distinzione tra credito non spettante e credito inesistente. L’assenza di una norma chiara, trasparente ma soprattutto univoca ad oggi ha visto tanti imprenditori soccombere alla più grave violazione.

Dal nostro punto di vista, nella stragrande maggioranza dei casi, rispetto a quanto sostenuto dagli Uffici, ci si trova di fronte a crediti d’imposta non spettanti. Solo rare volte sono inesistenti.

Ad ogni modo, con il decreto Sanzioni anche per questi ultimi si potrà contare su un sistema sanzionatorio più leggero, ma che tiene conto di comportamenti fiscalmente pericolosi.

Dall’esperienza maturata in Ransomtax, nell’ambito di oltre 150 controlli gestiti negli ultimi anni, il consiglio che mi sento di darvi, soprattutto nel caso in cui abbiate rendicontato autonomamente queste misure fiscali, è quello di effettuare un’attenta analisi che valuti nel complesso ciò che è stato fatto sia sotto il profilo strettamente tecnico sia fiscale, atteso che gli errori sono sempre dietro l’angolo. 

Con la nostra divisione SOS crediti d’imposta, abbiamo aiutato tante imprese ad evitare sanzioni certe e problemi gravi derivanti dall’applicazione delle stesse sanzioni.

Qualora avessi dubbi sulle attività rendicontate e volessi maggiori sicurezze rispetto all’eleggibilità delle tue spese, puoi affidarti ai nostri esperti della divisione SOS crediti d’imposta. Verificheremo il tuo credito fornendoti un parere certo e oggettivo, analizzando parte tecnica e fiscale.
L’esperienza maturata dai nostri team nelle fasi di controllo e contenzioso ti consentirà di avere la consapevolezza esatta del tuo rischio al fine di valutare con serenità la migliore strategia da porre in essere.

a cura di Roberto Triolo

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