Dubbi interpretativi sul nuovo Patent box

Dubbi interpretativi sul nuovo Patent box

Il provvedimento del 15 febbraio 2022 emanato dall’Agenzia delle Entrate con lo scopo di consentire ai contribuenti titolari di reddito di impresa di aderire al nuovo regime agevolativo Patent box (disciplinato dall’articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021 n.215 e modificato dalla legge 30 dicembre 2021 n.234) ha definito le disposizioni di attuazione e gli elementi informativi che devono essere contenuti nella documentazione idonea. Nonostante ciò, sono rimasti ancora alcuni dubbi interpretativi relativi alla completezza e chiarezza normativa. Vediamo quali.

Cumulabilità Patent box e Credito d'imposta R&S

Il nuovo regime Patent box consente di maggiorare in misura pari al 110% i costi di R&S sostenuti dall’investitore in relazione a determinati beni immateriali in possesso di un titolo di privativa industriale.
Tramite il cosiddetto “meccanismo premiale”, la nuova disciplina permette di applicare tale maggiorazione anche alle spese sostenute per lo svolgimento delle attività rilevanti fino agli 8 anni precedenti il periodo d’imposta in cui viene ottenuto il titolo di privativa.

In tali circostanze si possono determinare alcune interferenze tra il calcolo del nuovo Patent box e il calcolo del credito di imposta R&S.
In particolare, nella disciplina in vigore per il credito R&S sono contenute delle disposizioni in materia di cumulo tra agevolazioni che devono essere attentamente valutate.

Il D.L. 145/2013 e ss.mm. che disciplina il credito d’imposta R&S per gli anni dal 2015 al 2019 e, più nello specifico la circolare 5/E/2016 prevede che:
“il credito di imposta per attività di R&S deve ritenersi fruibile anche in presenza di altre misure di favore fatto salvo che le norme disciplinanti le altre misure non dispongano diversamente. A tal fine i costi rilevanti per il credito devono essere assunti al lordo di altri contributi a condizione che l’importo risultante dal cumulo non sia superiore ai costi sostenuti”.

Di conseguenza, il contribuente dovrebbe verificare che il valore del credito di imposta R&S sommato alle minori imposte Ires e Irap applicate sulla maggiorazione del 110% non risulti superiore al valore dei costi di R&S agevolati.

La questione risulta ancora più rilevante in relazione alla L. 160/2019 che disciplina il credito d’imposta R&S per il periodo d’imposta 2020 e successivi che prevede che la base di calcolo del credito R&S è assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili.

Per il credito di imposta R&S agevolabile nel 2020 e successivi, quindi, non solo andrebbe calcolato il cumulo complessivo come per il credito di cui al D.L. n. 145/2013, ma vi potrebbero essere delle interferenze dirette anche sulla determinazione della base imponibile del credito stesso. Questo in quanto, in caso di applicazione del regime premiale del nuovo Patent Box, sarebbe necessario rideterminare la base imponibile di un credito già calcolato affinchè venga rispettato il disposto normativo che prevede l’assunzione di calcolo al netto di altre sovvenzioni e contributi.

Si rende auspicabile in tal senso un chiarimento univoco nel breve termine, al fine di evitare eventuali ricalcoli, incompatibilità tra le agevolazioni e differenti interpretazioni da parte dei contribuenti.

Beni immateriali agevolabili e corretta imputazione temporale

Dal punto di vista oggettivo, la disposizione normativa consente di maggiorare in misura pari al 110% le spese sostenute dall’investitore nello svolgimento delle attività rilevanti relative ai seguenti beni immateriali utilizzati, direttamente o indirettamente, nello svolgimento dell’attività di impresa:

  • a) software protetto da copyright;
  • b) brevetti industriali – ivi inclusi i brevetti per invenzione, le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati complementari di protezione – i brevetti per modello d’utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori;
  • c) disegni e modelli giuridicamente tutelati;
  • d) due o più beni immateriali tra quelli indicati nelle precedenti lettere da a) a c), collegati tra loro da un vincolo di complementarietà, tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi sia subordinata all’uso congiunto degli stessi.

La norma e il provvedimento non qualificano con esattezza le modalità da seguire per individuare il periodo di imposta in cui tali beni si considerano in possesso di un titolo di privativa industriale.
Il punto 2.2 del provvedimento si limita a specificare che, per la definizione dei beni immateriali agevolati e dei requisiti previsti per la loro esistenza e protezione, si fa riferimento alle norme nazionali, dell’Unione Europea ed internazionali in materia di proprietà industriale e industriali applicabili nel relativo territorio di protezione.

Per la corretta identificazione delle caratteristiche dei beni e per l’individuazione del periodo di imposta di ottenimento di un titolo in attesa di conferme, si dovrebbero considerare applicabili i chiarimenti già forniti dall’Agenzia delle entrate in materia di Patent Box c.d. originario con la circolare 7 aprile 2016, n. 11/E (19).

Seguendo questa interpretazione, per i software protetti da copyright la prova dell’esistenza del bene immateriale e il periodo di imposta da considerare quale data di creazione dovrebbero poter essere dimostrati autonomamente dal contribuente con un’apposita autodichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

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Nello stesso senso per i disegni e i modelli giuridicamente tutelabili si dovrebbero distinguere:

  • i disegni e modelli registrati per i quali il contribuente dovrebbe essere in possesso dell’attestato di avvenuta registrazione dell’Ufficio competente quale prova dell’esistenza e del periodo di imposta di riferimento;
  • dai disegni e modelli comunitari non registrati e il disegno industriale, per i quali dovrebbe essere concesso l’utilizzo di un’apposita autodichiarazione da parte del contribuente come per i software.

Diversamente per i brevetti, dovrebbe essere sufficiente il relativo attestato rilasciato dall’Ufficio competente per provare l’esistenza del bene e il periodo di imposta di ottenimento del titolo.

Il dubbio maggiore risiede, però, nel fatto che la disposizione normativa non sembra escludere espressamente l’applicabilità dell’agevolazione per i beni immateriali venuti in possesso di un titolo di privativa industriale prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 146/2021. Di conseguenza il meccanismo ordinario si dovrebbe poter ritenere applicabile anche per i costi sostenuti nel 2021 in relazione a beni immateriali venuti in possesso di un titolo in periodi di imposta precedenti.

Dall’analisi effettuata emerge come il nuovo Patent box presenti alcune difficoltà applicative che dovranno essere chiarite quanto prima.

In particolare, è auspicabile un chiarimento che eviti qualsiasi ricalcolo sia relativamente alla cumulabilità con il credito d’imposta R&S, sia in relazione alla corretta imputazione temporale dell’ottenimento della privativa industriale, conditio sine qua non per l’accesso all’agevolazione.

a cura di Giusy Patanè

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