
Mini contratti di sviluppo per le imprese del Mezzogiorno
Con il decreto ministeriale 12 agosto 2024 e una dotazione finanziaria di 300 milioni di euro, il Mimit ha introdotto una nuova ed interessante agevolazione: i mini contratti di sviluppo.
Rappresentano strumenti utili a favorire investimenti in progetti di medie dimensioni, sostenendo la crescita economica locale e l’innovazione. Questa misura è pensata per sostenere le imprese, soprattutto nelle regioni meno sviluppate, facilitando l’accesso a finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto. Sono ammessi progetti legati alla creazione di nuove unità produttive, all’ampliamento o riconversione di unità esistenti, e alla ristrutturazione dei processi produttivi.
Con successivo provvedimento del ministero saranno fissati i termini per la presentazione delle domande di agevolazione.
Mini contratti di sviluppo: requisiti necessari
I progetti finanziabili con i mini contratti di sviluppo possono riguardare il miglioramento tecnologico, l’ampliamento della capacità produttiva, l’adozione di tecnologie ecologiche o l’innovazione dei processi produttivi. L’entità del singolo investimento varia da 5 a 20 milioni di euro.
Ad oggi, i mini contratti di sviluppo si concentrano in via esclusiva nelle regioni del Mezzogiorno (come Calabria, Sicilia, Puglia), al fine di ridurre le disparità territoriali e sostenere lo sviluppo economico in queste aree.
Possono accedere ai finanziamenti imprese di qualsiasi dimensione che propongano progetti innovativi e strategici, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dei fondi europei.
In particolare, le imprese che intendono realizzare i suddetti programmi di investimento devono, alla data di presentazione della domanda avere i seguenti requisiti:
a) essere regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese. Le imprese non residenti nel territorio italiano devono avere una personalità giuridica riconosciuta nello Stato di residenza come risultante dall’omologo registro delle imprese; per tali soggetti, inoltre, fermo restando il possesso, alla data di presentazione della domanda di agevolazione della presenza di almeno una sede sul territorio italiano;
b) essere in regime di contabilità ordinari e disporre di almeno due bilanci regolarmente approvati;
c) essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non in liquidazione volontaria e non sottoposte a procedure concorsuali
d) non sono in difficoltà, come da definizione stabilita dall’articolo 2, punto 18, del Regolamento GBER;
e) non rientrare tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
f) aver integralmente restituito somme dovute a seguito di provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;
g) essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente e con gli obblighi contributivi.
È importante sottolineare che è presente un ulteriore vincolo alla partecipazione, ovvero che le imprese non devono aver effettuato nei due anni precedenti la presentazione della domanda una delocalizzazione verso l’unità produttiva oggetto dell’investimento e devono impegnarsi a non procedere alla delocalizzazione nei due anni successivi al completamento dell’investimento stesso.
Benefici e piani di investimento ammissibili
Si può affermare che i mini contratti di sviluppo si prefiggono il raggiungimento di due distinti benefici.
Uno da riconoscersi dall’obiettivo sostegno finanziario in quanto le imprese, di qualsiasi dimensione esse siano, possono ottenere contributi a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato, rendendo più accessibili gli investimenti. L’altro, in linea con lo sviluppo regionale, in quanto mirano a ridurre il divario tra le diverse aree geografiche italiane, promuovendo progetti che migliorano l’occupazione e la competitività delle imprese.
Vediamo adesso quali sono gli investimenti ammissibili e in quali settori di interesse
Si tratta di piani di investimento proposti dalle imprese che, attraverso lo sviluppo e/o la fabbricazione delle tecnologie critiche previste dal Regolamento STEP o lo sviluppo della relativa catena del valore, siano in grado di agevolare la sicurezza degli approvvigionamenti nonché la resilienza e la produttività del sistema.
Per una elencazione esaustiva deve farsi riferimento agli allegati I, II, III e IV del decreto.
I mini contratti di sviluppo attengono ai seguenti settori:
a) tecnologie digitali e innovazione delle tecnologie deeptech;
b) tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse, incluse le tecnologie a zero emissioni nette;
c) biotecnologie, compresi i medicinali inclusi nell’elenco dell’Unione dei medicinali critici.
I piani di investimento devono riguardare un’unica unità produttiva ubicata nelle Regioni meno sviluppate e prevedere spese ammissibili di importo non inferiore a 5 milioni di euro e non superiore a 20 milioni di euro.
Essi andranno avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazione e conclusi entro 36 mesi dal provvedimento di concessione dell’agevolazione e devono prevedere un piano occupazionale incrementale connesso alla realizzazione dell’investimento che preveda anche l’assunzione di occupati qualificati. Chiaramente così come abbiamo rinvenuto in una stragrande maggioranza dei bandi in corso va certamente anche qui garantito il principio DNSH.
Ma in particolare cosa possono comprendere i piani di sviluppo?
a) creazione di una nuova unità produttiva
b) ampliamento della capacità di produzione di un’unità produttiva esistente
c) riconversione di un’unità produttiva esistente
d) ristrutturazione di un’unità produttiva esistente
Le imprese che beneficiano delle agevolazioni sono obbligate a contribuire finanziariamente al progetto tramite risorse proprie o finanziamenti esterni, che non devono includere alcun sostegno pubblico, per un importo pari ad almeno il 25% del totale delle spese ammissibili. Inoltre, per gli investimenti realizzati da grandi imprese riguardanti la diversificazione di uno stabilimento esistente (lettera d), i costi ammissibili devono superare l’ammortamento degli attivi relativi all’attività interessata negli ultimi tre esercizi finanziari. Per le imprese di grandi dimensioni o per le PMI che diversificano uno stabilimento (lettera c), i costi ammissibili devono essere almeno 200% superiori al valore contabile degli attivi riutilizzati, registrato nell’esercizio precedente l’inizio dei lavori.
Spese ammissibili
Le spese ammissibili devono essere relative all’acquisto e alla costruzione di immobilizzazioni come definite dagli articoli 2423 e seguenti del Codice Civile.
Esse possono avere ad oggetto:
- Suolo aziendale: Sistemazioni entro il 10% dell’investimento totale
- Opere murarie: Fino al 40% dell’investimento.
- Macchinari, impianti e attrezzature nuove: Inclusi impianti per energia rinnovabile e cogenerazione.
- Programmi informatici, brevetti, licenze: Per grandi imprese, fino al 50% dell’investimento.
Requisiti delle spese:
Devono riguardare immobilizzazioni nuove, materiali o immateriali, acquistate a condizioni di mercato, utilizzate esclusivamente nell’unità produttiva oggetto del piano di investimento. Devono rispettare i criteri dei Fondi strutturali europei 2021-2027.
Il pagamento deve essere tracciabile, effettuato tramite bonifici bancari o strumenti equivalenti.
Le spese per immobilizzazioni immateriali devono essere ammortizzabili, acquistate da terzi e rimanere nell’attivo dell’impresa per almeno 5 anni (3 anni per PMI).
Sono ammissibili le consulenze per le PMI, entro il 4% dell’importo complessivo del piano di investimenti.
Per quanto attiene invece alla voce inerente quelle non ammissibili si tratta di tutte quelle spese sostenute tramite locazione finanziaria; aventi ad oggetto acquisti di macchinari o attrezzature usate; spese per scorte di materiali o formazione del personale; mezzi di trasporto e beni di valore inferiore a 1.000 euro.
Durata dell’investimento: Gli investimenti devono essere mantenuti nell’unità produttiva per almeno 5 anni (3 per le PMI), con possibilità di sostituzione di impianti obsoleti o guasti.
Forma e intensità dell'agevolazione
Le agevolazioni previste dal decreto sono concesse in conformità all’articolo 14 del Regolamento GBER e nei limiti stabiliti dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale. Esse sono erogate come contributi a fondo perduto, in percentuale sulle spese ammissibili:
- Piccole imprese: contributo pari al 55%
- Medie imprese: contributo pari al 45%
- Grandi imprese: contributo pari al 35%
L’applicazione di queste percentuali è condizionata all’approvazione della modifica alla Carta degli aiuti di Stato, prevista dalla Comunicazione della Commissione Europea del 31 maggio 2024. Se questa modifica non viene approvata, le percentuali indicate saranno ridotte di 5 punti percentuali. Per quanto riguarda le spese relative alle consulenze connesse alla realizzazione del piano di investimenti (articolo 6, comma 4), le agevolazioni sono concesse al 50% delle spese ammissibili, come previsto dall’articolo 18 del Regolamento GBER.
Modalità di presentazione delle domanda agevolativa
Le agevolazioni vengono concesse sulla base di procedura valutativa a graduatoria.
Ciascuna impresa può presentare una sola domanda di agevolazione. La domanda va presentata attraverso la piattaforma informatica disponibile nel sito internet www.invitalia.it ed entro i termini che saranno fissati con decreto del direttore generale per gli incentivi alle imprese del Mimit.
La documentazione dovrà contenere:
a) una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà a firma del legale rappresentante dell’impresa
b) una relazione tecnica asseverata che descriva compiutamente le caratteristiche del piano di investimenti
c) una relazione tecnica estimativa asseverata relativa alle spese
d) una relazione tecnica asseverata attestante la disponibilità in capo all’impresa proponente dell’unità produttiva oggetto della domanda di agevolazione, con indicazione dei relativi titoli di disponibilità, la conformità edilizia urbanistica e di destinazione d’uso degli eventuali immobili esistenti interessati dal programma nonché il rispetto dei vincoli edilizi, urbanistici e di destinazione d’uso in relazione al piano di investimenti da realizzare;
e) un questionario, da compilare a fini statistici, volto a monitorare l’impatto delle politiche su ambiente, clima, inclusione, mainstreaming di genere ed empowerment femminile.
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Cumulabilità
Le agevolazioni non sono cumulabili, per le stesse spese, con altri aiuti di Stato, inclusi quelli “de minimis”, salvo benefici fiscali o garanzie entro i limiti delle intensità massime previste dalle norme sugli aiuti di Stato.
In sintesi, i mini contratti di sviluppo rappresentano un’importante leva per stimolare la crescita economica e l’innovazione in Italia, fornendo strumenti concreti per sostenere gli investimenti strategici nelle aree che ne hanno più bisogno.
Con successivo provvedimento del Ministero saranno fissati i termini per la presentazione delle domande di agevolazione.
a cura di Stefania La Bella
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